Esistono occasioni nella pratica in cui il Reale, quello “Vero”, si svela, sono istanti, attimi così sbalorditivi da essere davvero rarissimi, occasioni così preziose e luminose da determinare la nostra rotta futura. Esperienze che ci investono senza pietà e senza mezzi termini (d’altronde ci parlano di assoluto!), che ci ci sciolgono come individui nell’abisso dell’Unità, ci estinguono come singoli nella voragine della relazione.
La Realtà, quella “Concava”, accoglie il singolo coagulandolo e ricordandogli che, al di là della sua immaginaria frammentazione, lui è unità; a sua volta il singolo accolto in quella Realtà diviene attimo infinito, spazio assoluto, abbraccio immemore. E quando torna dall’esperienza, questo singolo capisce :”Noi non conosciamo, ma più propriamente coincidiamo!”
L’in-finito che si ri-vela nel finito è rammemorazione, ri-conoscimento. Il finito coincide con l’infinito! Quale meraviglia!
La Realtà, quella “Abissale”, è dove ci concediamo di essere, è dove ci permettiamo di sprofondare, liberi da ogni costrutto o legame, da ogni definizione. Concedersi, permettersi, termini così poco compresi eppure così fondamentali se si parla di crescita individuale.
La Realtà, quella “Aperta”, è dove scegliamo di vivere, di essere pieni e avere tutto, ancora e ancora, per aderire alla nostra dimensione desiderante come espressione di vita. Ben oltre l’oggetto che sembra essere il fine o meglio, la fine. Dimoriamo nella veduta panoramica, nella prospettiva sconfinata che ci spetta. Riprendiamoci a pieno diritto gli spazi, soprattutto nel corpo e attraverso il corpo, che ci siamo dimenticati di avere.
La Realtà, quella “Nascosta” è nel Segno e il mondo si vive svelando tale segno; il mondo è la ri-velazione più grande, meravigliosa, stupefacente e incredibile di questo Assoluto che accetta di essere chiamato da ognuno nel modo che gli risuona di più. Corbin ci suggerisce di portare a incandescenza il segno per scoprire cosa c’è sotto.
Che la vita forse non sia davvero questo? Il fremito della costante, e quindi incandescente, attenzione che vede oltre il velo, il palpito dell’amore che intende oltre il capire, la dolcezza del rispetto che accoglie anche l’ombra, il sussulto del costante stupore che sempre si rinnova.
Alla vita e al suo significato più ampio si è costantemente chiamati, senza scuse.
Allora le occasioni, quelle pertinenti allo spazio della pratica non sono solo della pratica, ma attraverso l’attenzione e la sensibilità che tale pratica costantemente ci permette di sviluppare, diventano le occasioni di tutta una vita.
La Realtà, quella “Vera”, dimora nelle fessure, risiede negli interstizi, nell’implicito. Da lì ci lancia segni. Dove li lancia? “Nei cuori e negli orizzonti” assicura il Corano.
E’ quindi nella natura universale così come nel fondo, anch’esso universale di ognuno di noi, che dobbiamo cercare, è lì dobbiamo metterci in ascolto, è lì che ci è possibile presagire, assaporare.
Ed ecco che tutto risplende, che tutto diviene prezioso, che tutto diviene sbalorditivo, ma non così raro!
Una quotidianità nuova aspetta colui che sa cogliervi l’Assoluto, colui che sa leggerla e interpretarla, quindi costantemente svelarla e “ri-velarla”, colui che più che arrivarvi, sa tornarvi. All’ Origine si torna, non si arriva.
“Al-Hayy (il più vivente) risiede nel sottile, nell’implicito, negli interstizi, a monte, dove il tempo è come sospeso. Da quel non luogo lancia segni come il fuoco scintille.” H.Clerc
– illustrazione di A. Suvorova